LICATA
Foto di Licata
dalla Vedetta di Licata a cura di Calogero Carità
Storia di Licata
Secondo la più recente storiografia, la città di Licata sarebbe stata fondata nel 282 a.C. da Finzia, tiranno di Agrigento, che, distrutta la vicina Gela, vi trasferì gli abitanti e persino le iscrizioni pubbliche. Finziade sarebbe stato il nome della nuova città che gli antichi descrivono opulenta per i suoi fori e splendente per i suoi templi. Ipotesi questa da sempre contestata dagli studiosi licatesi che, invece, ne attribuiscono le origini alla ricca e potente colonia greca Gela, fondata da Antifemo di Rodi e da Entimo di Creta nel 690 a.C. Questa discendenza fu messa in dubbio nel 1619 da Filippo Cluverio che tali origini assegnò alla città di Terranova, fatta costruire da Federico II di Svevia.
Ma, al di là di questa polemica, le origini di Licata sono assai più remote. Le scoperte, infatti, di materiali litici e fittili in varie località di Licata consentono di documentare un quadro cronologico complessivo che va dal neolitico di tipo stentinelliano (5° millennio a.C.) all'eneolitico di tipo San Cono e alla prima metà del bronzo di tipo castellucciano (2° millennio a.C.). Non trascurabili sono, inoltre, i segni lasciati dalle culture del paleolitico superiore.
Prima che arrivassero i Greci, il sito di Licata fu frequentato dai Fenici che vi mercanteggiarono tra il XII e l'VIII secolo a.C. Verso la fine del VII sec. il colle di Licata, detto nelle antiche carte "Gelae Mons", entrò in possesso dei Geloi che vi edificarono una stazione fortificata a guardia della foce del fiume Salso. Nella prima metà del VI sec. a.C. Falaride, tiranno di Agrigento, per arginare l'espansione di Gela verso occidente, si assicurò parte del territorio di Licata con la costruzione di un frourion, un avamposto fortificato. Nel IV sec. a.C. la città cadde nelle mani dei Cartaginesi dai quali fu liberata nel corso della prima guerra punica dai Romani, quando nel 256 a.C., nel mare di Licata, presso l'Ecnomo, fu combattuta la prima grande battaglia navale della storia. Diventata, così, sotto i Romani un grande emporio commerciale, la città andò sempre più sviluppando il suo perimetro urbano sull'antico colle di Licata. I segni del primo Cristianesimo sono presenti nelle necropoli di Santa Maria ricavate all'interno di antiche spelonche.
Poche notizie si hanno di Licata durante il periodo bizantino, quando iniziò a svilupparsi attorno al castello a mare Lympiados il primo nucleo dell'odierno centro storico. Nell'827 d.C. la città fu conquistata dal cadì Asad e rimase sotto i musulmani per più di due secoli, finchè non fu espugnata dai Normanni il 25 luglio 1086. Federico II, imperatore svevo, annoverò Licata tra le 42 città demaniali della Sicilia, concedendole nel 1234 il titolo di "Dilectissima", al quale nel 1447 il re Alfonso I unì quello di "Fidelissima". L'11 luglio1553 la città fu assalita e saccheggiata per sette giorni dal pirata Dragut che la distrusse quasi completamente. La ricostruzione fu ritardata dalla peste del 1625 che falciò molte vittime umane e dalla carestia del 1647, nonché dai tanti balzelli che l'esoso governo spagnolo esigeva dalla popolazione licatese, soggetta anche al pagamento di una particolare gabella sull'acqua.
Durante il sei-settecento la città si sviluppò sempre più all'interno della cinta muraria, interamente ricostruita, e si vestì di nuove e prestigiose architetture sia civili che religiose sorte lungo l'asse del vecchio e nuovo Cassaro. Sempre in questo periodo assunse maggiore importanza il regio Caricatore di grano, di antica fondazione,al quale approdavano velieri provenienti da tutto il Mediterraneo. L'ultimo sbarco di pirati turchi si ebbe nell'agosto del 1803, ma non trovò la città impreparata. Nel 1820 Licata si sollevò contro i Borboni. La resistenza contro il re di Napoli fu guidata dal patriota Matteo Vecchio Verderame che fondò nel suo sontuoso palazzo una delle prime logge massoniche della Sicilia.
Sbarcato Garibaldi a Marsala, Licata insorge ed invia un proprio drappello di uomini armati al seguito del liberatore il cui figlio Menotti, insieme a Nino Bixio, fu ospitato nella notte del 20 luglio 1860 nel sontuoso palazzo neo classico del marchese Cannarella. Passata la Sicilia sotto il governo piemontese, fu di stanza a Licata in qualità di comandante della 9a compagnia del 57° reggimento di fanteria, Edmondo De Amicis, l'autore del libro "Cuore". Nel 1870 Licata costruì a sue spese il ponte sul fiume Salso e nel 1872 il porto commerciale e si aprì le strade che la collegassero direttamente con le miniere di zolfo che determinarono la sua fortuna economica. La città divenne residenza abituale di facoltose famiglie e di numerose sedi consolari.
Vennero edificati parecchi palazzi e ville liberty, alcune progettate da Ernesto Basile ed affrescate da Salvatore Gregorietti. Lo zolfo alimentava ben cinque raffinerie, la più grande delle quali, costruita nel 1912 dalla Ditta Alfonso & Consoli di Catania, era forse la più importante d'Europa. Mulini, oleifici, fabbriche di ghiaccio, vari pastifici, nonché il grande stabilimento chimico della Società Montecatini e i primaticci della fertile piana costituivano le fonti del benessere di Licata. Dal 1922 il Fascismo fiorì anche in questa città. Il 10 luglio 1943, quando ormai le truppe dell'Asse erano in piena crisi, sbarcò a Licata la 3a divisione di fanteria USA, prendendo la città quasi senza colpo ferire. In quel medesimo giorno per Licata finì il Fascismo e con esso la guerra e si aprì la porta alla Democrazia